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Prime Esperienze

Con la zia in maremma - 1


di unodeidue
01.05.2024    |    8.578    |    5 9.7
"Finalmente si voltò per guardarlo..."
“Stazione di Grosseto. Stazione di Grosseto”.
Un altoparlante gracchiava che erano arrivati.
- Non avere fretta, è inutile, tanto è il capolinea - suggerì mammina.
Con calma, come voleva lei, prese il suo zaino e la borsa da viaggio della mamma. Zia Wanda li aspettava all’uscita.
Veramente, non è sua zia, è cugina di primo grado della mamma, però gli avevano detto di chiamarla zia e, dopo un po’, si era abituato a chiamarla così, zia Wanda. Lei abbracciò con calore la mamma. Non la smettevano più di accarezzarsi, di baciarsi. Non si vedevano da anni.
Da ragazze erano sempre insieme, visto che oltre ad avere la stessa età, oltre che abitare insieme a Manciano, andavano a scuola insieme.
Poi la vita, il matrimonio di mamma con un milanese purosangue, il lavoro, la famiglia e tutto il resto a Milano, avevano limitato i loro incontri a qualche funerale e a qualche matrimonio di parenti più o meno lontani.
Finalmente si voltò per guardarlo.
- Tu sei Francesco, vero?
- Che bel ragazzone, sembri più grande – e rivolto alla madre – ma non ha solo quattordici anni?
E al cenno di assenso di mamma aggiunse:
- Maremma, sembri già un omo, sei più alto di me. Vieni, fatti abbracciare.
La guardava, si sentiva impacciato, una donna giovane, alta come la mamma, bella come lei, anche lei con i capelli castani chiari, arricciolati. Più robusta di mamma e di carnagione più colorita, come tutte le persone che vedeva lì alla stazione e fuori: il colorito di chi vive all’aria aperta.
Non si era mosso, restava lì imbranato mentre questa donna bella e giovane gli diceva di abbracciarla. E zia Wanda, senza aspettare la sua timidezza imbarazzata l’ha preso tra le sue braccia stringendolo tutto.
Che bella sensazione sentirsi avvolto dalle sue braccia e stretto contro il suo petto, sentire il morbido e sodo delle sue tette contro. Se abbassava appena il viso, si ritrovava in pieno nella sua scollatura, il naso e la bocca a contatto con le sue mammelle. Una sensazione di dolce, di profumato, forse anche di saporito. Che voglia di baciarle, afferrarle con le mani e strizzarle. Da vero imbranato non fece niente, però.
- Volete qualcosa, una bibita, un caffè, una fetta di torta? Oppure andiamo subito a casa? Ho la macchina qui fuori.
- Grazie Wanda, in treno abbiamo mangiato i panini e bevuto l’acqua che ci siamo portati da casa. Andiamo dai. Non vedo l’ora di rivedere Manciano e la fattoria dove abbiamo passato i nostri anni da ragazze. E di far vedere a Francesco quanto è bella la nostra maremma.
Mentre guidava, zia Wanda continuava a parlare con la mamma, di parenti, di amici di un tempo, di luoghi, e delle cose che erano successe a lei e alla famiglia. Zia Wanda aveva avuto diversi fidanzati, non si era mai sposata però, meglio essere libera, almeno finché “un trovi l’omo giusto, che fa pe ’tté”.
- Hai ragione, Wanda. Che serve sposarsi, se poi ti trovi cornuta e sola, non appena una porcona qualsiasi ti porta via il marito, ribatteva mamma.
- ‘Un dire così, Giulia, c’è Francesco dietro che ci ascolta.
- Ah, ma lui la situazione la conosce benissimo. Suo padre doveva portarselo a Parigi, dove abita lui adesso, per le vacanze di Pasqua. E io mi ero prenotata una settimana a Merano, nella clinica del famoso dietologo, con la compagnia. E ieri, suo padre, ci telefona per chiedere scusa, non può, per un viaggio di lavoro dice lui, chissà se è vero. Meno male che tu mi hai detto di portartelo qui, sennò a quest’ora avrei dovuto rinunciare alla vacanza a Merano e ci perdevo anche la caparra.
- Meglio così, starà con la zia, faremo amicizia, vedrai Francesco come staremo bene insieme.
E, rivolta alla mamma
- Non c’è problema, Giulia, quando mi telefoni che sei tornata dalla tua vacanza, lo porto al treno, è così comodo il diretto Grosseto Milano senza cambi, e lui ritorna a Milano. Vedrai, ci guadagniamo tutti. Vero Francesco?
- Di sicuro, zia – Finalmente era riuscito a spiccicare tre parole a quella donna così affascinante.
Il giorno dopo erano tornati a Grosseto per accompagnare mamma e, dopo averla lasciata alla stazione, hanno fatto un giro con la zia per Grosseto, la piazza del Duomo, i palazzi intorno. Passeggiavano per il corso, una bibita in un bar, lei salutata da tutti, ma attaccata a lui, il braccio e la sua tetta destra, in continuazione, contro.
Impazziva, per le tette della zia. Cosa non avrebbe fatto per toccarle, stringerle, baciarle!
- Adesso torniamo a casa, una cena leggera e poi a letto, va bene? Sarai ancora stanco, tu. Vero? Io non ti voglio affaticare, devi trovarti bene con la tu’ zia, così in futuro, quando mi sento sola, ti chiamo, tu prendi il treno e vieni da me. Vero? -.
- Certo zia, quando mi vuoi, vengo da te.
Non aveva nemmeno finito di parlare che zia Wanda l’abbracciò di nuovo, lì, in corso Matteotti, neanche fosse il suo ragazzo.
Anche quella volta se l’è sentita contro, grande, morbida, le tette e la bocca contro. Questa volta però ricambiò sia l’abbraccio che i baci sulla guancia, e di più anche. E mentre tornavano in auto parlavano insieme e finalmente ha preso confidenza con lei.
Gli chiedeva se aveva la fidanzata, no, non ancora. Nemmeno un filarino? Sì qualcuno, qualche pomiciata, anche con la ragazzina di adesso, ma cose da niente.
E quindi niente, eh Francesco? Niente parruccona. Non sai cos’è? Come la chiamate voi a Milano? La baggiana?
E giù a ridere come due stupidini.
No, niente parruccona, purtroppo.
E chissà quante lenzuola bagnate, al mattino, vero?
E ancora a ridere.
Sei giovane. Col tempo ne avrai anche troppe, di parruccone.
- Veramente - si confidava con lei - almeno un paio di volte ci sono stato vicino, ma non sapevo come fare, ho perso l’attimo e, dopo un minuto, lei non ci stava più.
- È così, Francesco, siamo bischere noi donne. Un attimo prima ti daremmo tutto, anche quello che non t’immagini nemmeno che ti daremmo. E un attimo dopo, nemmeno una mano sulle pocce. Non sai cosa sono le pocce? Queste qui – e sempre guidando strinse il vestito attorno alla tetta destra, quella più vicina, per farla risaltare.
- L’ho capito, sai, che ti piacciono, non ci stacchi l’occhio da ieri, da quando sei arrivato.
- È vero. Mi piacciono moltissimo le tue … le tue pocce.
- Oh, bravo. Tra una settimana, quando tornerai a Milano parlerai il maremmano meglio di me, sarai sgrezzo come me, e forse anche porcellone come me. Hai proprio bisogno che ti faccia un po’ di scuola, così la prossima volta che ti capita di stare con la tua ragazzina, ‘un ti farai scappare l’occasione .
E con un coraggio che non conosceva, le rispose
- Magari.
E ancora a ridere insieme.
Arrivati alla fattoria, la prima sorpresa.
- Francesco, porta qui le tue cose, in camera mia. Ti spiace se vieni a dormire con me, nel lettone dove ha dormito la tu’ mamma stanotte? Così ci facciamo compagnia e ci conosciamo meglio. E non s’ha nemmeno il fastidio di rassettare la cameretta dov’hai dormito la notte passata. Ti garba? Voglio dire, ti va?
Se avesse saputo cosa l’aspettava, avrebbe risposto “Caspita, che bello. Sì dai”. Ma non lo immaginava nemmeno lontanamente, per questo rispose con un timido “Per me va bene”.
Dopo la cena, un’ora di televisione e subito gli propose di andare a letto.
- Meglio andare a letto presto. Domattina s’ha da fare qualche commissione qui in campagna e in paese; poi si va al mare, vedrai che belli Porto Ercole e Porto Santo Stefano. Ti va?
- Certo zia Wanda, volentieri.
Si era cambiato in bagno, si vergognavo un poco a farsi vedere da lei, e quando è entrato nel letto, sollevando le lenzuola l’ha intravista, lei era tutta nuda.
- Sì, sono nuda, io dormo così, da sempre. Ti scandalizzi?
Era emozionato, senza parole, ancora lei gli tolse da ogni imbarazzo.
- Dai, vieni qui, vieni dalla tu’ zia, che principiamo a fare la lezione. E, intanto, togliti il pigiama anche tu.
- Me lo tolgo subito.
Cominciò così la prima lezione di sesso. La prima notte d’amore.

Fai piano. Non stringermi troppo le pocce. Piano piano. Devi far piano quando sei con la tua ragazza. Se vedi che lei ci sta, che le piace, allora stringile poco più forte.
Ecco, ora baciami il capezzolo.
Prova a succhiarlo piano, è così che devi fare con la tua ragazzina.
Sì, così. Se le piace ancora, puoi anche morderlo, sempre piano.
Siamo così, noi donne: troppo piano e ti lascia subito, perché ‘un ci sai fare. Troppo forte, e ti lascia perché sei uno zotico e un porco. Lo devi capire da te, se di più, oppure di meno, oppure uguale. Ecco, sì, mi piace. Oh, sì. Bravo.
E ansimando, ancora, anche il resto, dai.
Cercava di capire cosa fare, adesso. Lei mosse appena una mano verso la sua gamba e allora capì che lo doveva fare. L’ha preso e gliel’ha messo in mano. Lei cominciò a mugolare di piacere, non si capiva se era perché gli piaceva il cazzo che stava menando, era già in tiro o quasi, oppure per i morsini che stava dando alla sua tetta destra, oppure per come le strizzava il capezzolo sinistro, o per tutto l’insieme. Francesco cercava di trattenersi, per non venire, non voleva rovinare il momento. Lei aveva capito.
- Te lo prendo in bocca, così se devi venire, fai pure, tranquillo, restaci, mi piace.
Era davvero ingenuo. Solo qualche settimana più tardi, parlando con i compagni più scafati, avrebbe saputo che quello si chiama pompino, per l’esattezza pompino con l’ingoio. Per lui era una sega fatta con la bocca.
Povero ragazzotto ingenuo, alle prime armi del sesso.
Quella sera accadde di tutto.
Dopo che era venuto, lei lo pulì con un fazzolettino bagnato. Era rimasto uno schizzo sul lenzuolo e zia Wanda con l’indice l’acchiappò e se lo mise in bocca.
- È roba buona – commentò.
Riposati, gli diceva, perché adesso devi pensare anche a zia tua. Gli insegnò a leccare la passerina, a mangiare tutto quello che c’era intorno alle piccole labbra e dentro, a succhiare piano piano il grilletto.
- Se sei bravo e mi fai venire, dopo ti do una cosa in premio. Dai, fai per bene, così, più su, e più giù. Ricordati quando lo fai alla tua ragazza, dev’essere umida, bagnata. Se no, vuol dire che c’è qualcosa che non va. E se è bagnata, puoi infilare un dito lì sotto. Hai capito dove? Sì, bravo, così, ancora, oh, sì, adesso due dita, non smettere di leccare, resta lì, anche le dita, dai, aaaah sì, resta lì, lingua d’oro, bravo, bravo, bravo, oooh …

- Mi hai fatto venire, Francesco, bravo. – gli disse ansimando, qualche attimo dopo - Sei tutto bagnato della mia roba, ti sono venuta addosso, sei stato bravo, sì, proprio bravo.
Gli asciugò il naso, la bocca e il mento, non era pipì, spiegò, ma il frutto dell’amore femminile, il succo d’amore è il segno che la femmina ha goduto, e molto.
- Mi avevi detto del premio. Che premio è che mi darai?
- Calma, ragazzo, non correre. Una cosa alla volta. Adesso stai qui tranquillo, ricominciamo a giocherellare con calma con la mano e con la bocca, come abbiamo fatto prima, e quando il tu’ bischero è in tiro di nuovo, e la mia passera è bella bagnata, quello è il momento del premio.
Quella sera ha perso la verginità, il premio era la prima scopata della sua vita, e non solo quello. Ogni tanto zia Wanda diceva, adesso cambiamo posizione. Ora stai sotto che ti cavalco io.
Ora mi metto così a gambe aperte, come se fossi dal ginecologo.
Ora cambiamo, dai, mi metto a ginocchioni e tu passi da dietro.
Ora mi sdraio pancia in giù, vieni addosso a me.
Adesso cambiamo, sdraiati, che mi siedo sopra, questa si chiama spegni moccolo.
A lui piaceva soprattutto quando si metteva seduto, con le gambe giù dal letto e la zia Wanda si sedeva sopra, se l’accomodava per bene dentro, e saltava su e giù sul suo cazzo. E gli restava davanti, la bocca da baciare e le tette favolose da toccare, stringere, strizzare, ogni tanto da baciare, leccare, mettere in bocca, mordicchiare. Da amare, insomma.
Anche prendere il culo di zia Wanda era stato bello da non credere.
A lei piaceva, gli aveva insegnato a preparare, baciare, leccare, metterci saliva, spingerla dentro con un dito, aspetta che si rilassa, diceva lei, così non ti fai male tu e non mi faccio male io.
Lui aspettava paziente e inesperto – adesso dai, vedi che entra senza nemmeno spingere.
Ma quando era dentro spingeva, come lei stessa gli aveva insegnato a fare, e come le piaceva e come chiedeva lei.
Non è stata l’unica notte di sesso di quella settimana, anzi.
Ogni sera c’erano le lezioni di zia Wanda, ripasso generale, prima, e poi un altro verso, un altro modo di fare l’amore, un’altra sequenza di posizioni.

Anche l’ultima verginità ha perso, quella settimana, da zia Wanda.
Il fratello di zia Wanda, Andrea, un ragazzone più giovane di lei, era venuto a trovarla, un paio di giorni dopo.
- È il cittino della Giulia, te la ricordi?
- Come dimenticarla, la nostra bellissima cugina milanese?
- Un bel ragazzo, vero?
- Certo, proprio un bel ragazzo. Scommetto che l’hai già svezzato, dì la verità, Wanda.
- E che? Me lo facevo scappare? Gli ho insegnato qualcosa, ma è già bravo di suo, ha ‘mparato subito. È portato, per certe cose. È di famiglia, via. Come te, del resto.
- Ah, ma dai! Ma cosa vai a dire?
- Senti un po’, Andrea, non puoi fermarti da noi, adesso? Ho una voglia, oggi …
- No, Wanda, oggi no, ho poco tempo. Se vuoi, vengo a trovarvi domani pomeriggio, che mia moglie è via con la scuola e torna tardi a casa.
- Va bene domani, così abbiamo più tempo per fare i nostri giochini.
Non capiva queste frasi, e nemmeno questa intimità tra Wanda e suo fratello. Anche suo padre ha una sorella, ma non li ha mai sentiti fare certe allusioni, parlare di intimità tra di loro, richiedersi e accennare alle cose di sesso.

Il pomeriggio dopo erano seduti davanti alla cascina di zia Wanda a prendere il sole, tutti e due in pantaloncini corti e zia Wanda con un reggiseno piccolo che reggeva e basta, senza nascondere ma quasi a sottolineare la bellezza delle sue poppe, le pocce come le chiamava lei.
Già le aveva toccate e baciate, prima di pranzo; e lei non aveva rifiutato, soltanto gli aveva detto dopo, dai, adesso basta, Francesco, facciamo tutto dopo, quando viene Andrea.
Come è arrivato, lui e la sorella si sono subito abbracciati e pasturniati, bocca, tette, pantaloncini davanti e dietro, tutta una serie di preliminari, avidi sfrenati e violenti. Si era eccitato a vedere la scena. Poi zia Wanda fermò quelle mani che la stavano palpando tutta, fuori e dentro il reggiseno, fuori e dentro i pantaloncini.
- Basta, dai, ora si va’ in camera, ci si spoglia, almeno si sta più freschi. Vieni Francesco, vieni anche tu.
Era lei a comandare i giochi.
- Francesco, dai, spogliati e sali sul letto. Qui, vicino a me.
E dopo un po, da vera padrona delle operazioni.
- Andrea, prendimi così, intanto che lo bacio a Francesco.
Si era messa in ginocchioni, gliel’aveva preso in bocca e il fratellone la stava scopando passando da dietro.
Poi aveva cambiato i ruoli. Andrea era passato davanti e glielo dava da baciare e zia Wanda con la mano dietro, cercava Francesco per prenderlo e guidarlo dentro.
Andrea si era spostato, ero rimasto solo lui, Francesco, a prenderla, Wanda era eccitatissima, lui la afferrava per le cosce, adesso spingeva forte, con violenza, come aveva visto fare prima; zia Wanda gridava ad ogni colpo e lo incitava:
- Bravo, Francesco, così, più forte, ancora Francesco, così così ...
Poi un urlo e si rovesciò sul letto, lui era ancora dentro di lei. Francesco non aveva finito, stava aspettando che lei si riprendesse un poco, prima di ricominciare la battaglia dentro di lei.

Zia Wanda si era ripresa, adesso, e aveva di nuovo il comando delle operazioni.

- Andrea, sai che è ancora vergine dietro, il figliolo della nostra cuginetta Giulia?
- Davvero Wanda? Allora bisogna fargli il servizietto.
- Devi fare piano, però.
- Certo, farò piano piano, vedrai che gli piacerà. Come è piaciuto a tutti in famiglia. Anche alla nostra cuginetta. Ti ricordi come le piaceva, a Giulia, quando lo pigliava dietro?
- Eccome se me lo ricordo. Le piaceva un sacco pigliarlo ‘n culo.
Andrea si era avvicinato.
- Adesso giochiamo al trenino, vedrai che bello, Francesco.
Gli aveva accarezzato le cosce e poi le chiappe e poi in mezzo.
Non gli dispiacevano queste attenzioni.
- Adesso mettiglielo per bene in culo alla zietta, lo sai che le piace, vero?
- Sì che lo so, le piace molto.
Anche zia Wanda gli stava chiedendo di prenderla dietro
- Sì dai, prepara per bene il buchetto con la saliva, ma aspetta a spingere, te lo dico io quando.
Andrea stava facendo le stesse cose a lui, saliva sul suo buco, un dito dentro a spingere la saliva dentro. Poi ancora altra saliva, adesso due dita dentro.
- Ti faccio male?
- Un poco sì, ma non tanto - stava cercando di resistere.
- È pronta la zia? Riesci a infilarglielo ‘l bischero ‘n culo?
Francesco si stava abbassando, per potere spingere per bene. Lo trattenne Andrea:
- Non abbassarti troppo, dai, se no non ci riesco io.
All’inizio gli aveva fatto male. Ma aveva sopportato. Faceva fatica, per le posizioni, doveva abbassarmi per prendere zia Wanda, come faceva di solito, mentre Andrea gli alzava il culo, per metterlo in posizione giusta.
Qualche colpo a tre sono riusciti a farlo, ma neanche tanti, godeva troppo. In culo alla zia era la fine del mondo, come le altre volte che l’aveva fatto. Ma anche sentire quel coso grosso dentro era bello. Andrea gli teneva le cosce e gliele allargava. Era grosso. Spingeva piano, per non fargli male, ma non gli faceva male. Lo sentiva che avanzava, strisciando contro le pareti interne. Si sentiva bloccato, preso e impalato da quel coso dentro. Bello. Bello, anche troppo.
Infatti, venne quasi subito, di culo e nel culo della zia.
Un godimento pazzo. Di più a scopare il culo di zia Wanda, oppure di più a sentirsi il cazzo di Andrea in culo? Impossibile dirlo.
Anche Andrea glielo chiedeva:
- Che bella sborrata che hai fatto? Dì la verità, sei venuto per il culo di zia Wanda, o per il cazzo che ti ritrovavi ’n culo?
- Tutt’e due le cose, Andrea.
E quando si riprese un poco, lui stesso gli chiese se voleva farlo ancora, senza vergogna, accucciandosi per prenderlo. E Andrea glielo infilò di nuovo, fino a sborrargli dentro mentre lui scopava la zia..
- Vero che ti è piaciuto, gioia della zia? – gli chiese lei.
- Sì, zia Wanda, il tuo culo è sempre favoloso.
- Andrea ti ha fatto male?
- Un poco. Ma non tanto. Mi piaceva.
- Sì, ho visto che glielo chiedevi.

Qualche giorno dopo, quando zia Wanda l’accompagnò alla stazione di Grosseto, gli veniva da piangere, salutandola.
Come avrebbe fatto senza di lei? Senza quella scorpacciata di tette, di fica, di culo, di pompini e di sesso che di tutti i genere che gli aveva regalato in sette giorni?
Anche lei era triste.
- Sei stato bravo, Francesco. Mi mancherai. Promettimi che verrai a trovarmi, questa estate. Promettilo, dai.

***
Ho ritrovato queste pagine un mese fa.
Mi ricordavo perfettamente di aver tenuto una specie di diario di quei giorni e delle bellissime esperienze che avevo vissuto, ma non ero riuscito più a ritrovare le pagine, anzi, il quaderno dove le avevo scritte.
Poi, un mese fa, cercando delle carte in un cassetto nella camera di mia madre, ho ritrovato il quaderno e le pagine del diario: un resoconto preciso di quella vacanza maremmana di dieci anni fa.
Anche scritto bene.
Si vede che anche allora mi piaceva scrivere le cose che facevo.
E fare le cose che scrivevo.
Adesso, prima di pubblicarlo qui, ho solo sistemato qualche frase, ma le cose fatte le avevo raccontate quasi tutte dieci anni fa, per bene, senza esagerazioni e senza dimenticare niente
Purtroppo, però, il racconto e quelle esperienze sono finiti lì.
Qualche giorno dopo che ero tornato da quella vacanza, mamma era venuta a sapere il tutto: forse mi aveva sentito mentre raccontavo qualcosa al telefono a un compagno di scuola, oppure l’ha saputo proprio da zia Wanda, oppure ha trovato il mio quaderno con il diario di quella settimana, fatto sta che si è incazzata di brutto.
Con zia Wanda innanzi tutto, poi con me, sei un porco, proprio come tuo padre. Avrei dovuto risponderle, guarda che me l’hanno detto, che a te piaceva farlo, ma non ho avuto la faccia tosta di dirglielo. E poi meglio stare schisci, come si dice a Milano, e far finta di niente.
Può venir buono un’altra volta dirgliela ‘sta cosa.
Non credo che abbia saputo anche di suo cugino Andrea, dei giochini a tre, e del mio culo sverginato in quella occasione.
In ogni caso, basta con la zia. E per castigo, niente vacanze in maremma, né da solo, né con la mamma.
Quindi, pensavo, niente più zia Wanda, con le sue pocce da mangiare e la sua bocca di rosa e la parruccona.
E niente più Andrea.
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